Novena 2023
1 – San Francesco e il presepe a Greccio
Narrazione
Era un inverno freddo, tanto freddo dell’anno 1223. Esattamente ottocento anni fa, 8 secoli interi!
Francesco amava i boschi, la terra fertile e i sentieri del bosco, la neve che scendeva dal cielo e rendeva bianca l’Umbria intera, foreste e città. Aveva un amore grande per tutte le creature, anche le più piccine come le formiche o i fiori di prato, ma l’amore suo più grande era sempre stato per Gesù. Era il suo Signore, colui che lo aveva chiamato alla vita e poi lo aveva illuminato col Vangelo.
Tutti ricordano che cosa accadde quando Francesco, giovanissimo, decise di aprire il Vangelo a caso e trovò il passo: “Se vuoi essere perfetto allora vendi tutto quello che hai e seguimi”. Così fece, lasciò la sua casa, la bottega fiorente del Padre Bernardone e si inventò una vita speciale, fatta di povertà, di semplicità e di letizia.
A 41 anni compiuti, l’dea gli venne improvvisamente si trovava nel paesino di Greccio. “Quest’anno dobbiamo fare un Natale speciale, dobbiamo rappresentare il Vangelo vivente”.
Dialogo
Suor Noncera: Amici, allora non c’era il cartone, non c’era il polistirolo per fare la base del presepe, non c’era la corrente elettrica per le lucine… Come poteva fare un presepe se tutto questo non c’era? Che cosa pensi, Suor Paziente, tu che sei sempre molto saggia?
Suor Paziente: Scusami, suor Noncera, noi ci troviamo all’Abbadia dell’Acquafredda, a Lenno dove per tanti anni hanno vissuto i frati di San Francesco: devo ricordarti che il Presepe di Francesco non fu costruito con carta e polistirolo, tempere e colla. Fu fatto di gente vera, di pecorelle vere, di pastori veri, di gente che proveniva da quelle Valli. Capisci? Un presepe vivo, vivente, fatto di gente, di bambini, di nonne, di genitori, di ricchi e di poveri insieme.
Suor Noncera: allora… questa bellissima pensata va bene anche per noi, quest’anno, 800 anni dopo!
Pescatore: Credo proprio di sì. Parola di pescatore! San Francesco si inventò pure il nome: presepe. Si immaginò un recinto con la mangiatoria. Gli venne il nome in latino, che lui sapeva parlare: prae (che significa davanti) e saepes (che significa recinto, mangiatoia), ovvero “luogo che ha davanti un recinto”. Ecco il primo “presepe”. Occorrono gli occhi della fantasia per avere un’idea. Ad esempio noi abbiamo un luogo speciale a Ossuccio: la chiesetta dei Santi Filippo e Giacomo, appoggiata sulla riva del lago. Da lì si vedono l’Isola Comacina e il borgo dei pescatori. Quando si accendono le luci della sera è già un bel presepe. Andate a vederlo, amici, e imparate che nella vita bisogna guardarsi in giro ed avere sempre idee nuove e belle.
Suor Noncera: esatto! Nuove nuove, per fare quello che…non c’era.
2 – San Francesco, agnelli e pecorelle
Narrazione
In quell’inverno del 1223, gelido ma pieno di speranze, a Greccio iniziava a crescere l’agitazione. La notizia dell’idea venuta a San Francesco si diffondeva nelle stalle, nelle osterie e nelle case. Qualcuno rideva non capendo che cosa volesse fare il poverello, che noi chiamiamo San Francesco, ma che tutti chiamavano solo Francesco perché non sapevano ancora d’aver a che fare con un santo, un uomo speciale. La gente capiva quel suo grande amore per il Signore e per le sue creature anche solo guardandolo negli occhi.
Per il presepe ci volevano gli animali com’era stato a Betlemme: “Venite, venite, come li pastori a Betlemme” cantava San Francesco bussando alle porte delle case. Sembrava che gli animali capissero ancor più degli uomini perché belavano, muggivano, scalpitavano al suo passaggio e lui, il santo, li riempiva di carezze e di buone parole. Quel poco di sale e di pane raccolto nell’elemosina era già finito in dono a quelle creature. “Venite, venite, come li pastori a Betlemme. Portate pecore e vitelli, capre e uno grande amore. E tutto fate per nostro Signore”. Ogni giorno aggiungeva strofe alla sua canzone.
Dialogo
Suor Noncera: Non riesco ad immaginare che nessuno sapesse che cos’è un presepe. È così strano pensare che prima di San Francesco il presepe non c’era. Proprio non c’era.
Suor Paziente: Ma suor Noncera, se il presepe lo inventò Francesco è proprio perché non c’era. Francesco era stato in terra Santa, aveva visitato i luoghi dove Gesù era nato. Si era emozionato, aveva ballato davanti alla grotta dove Gesù Bambino era nato e aveva perfino pianto di gioia. Pensava che nessuno degli abitanti di Greccio avrebbe mai visto Betlemme. Quindi, disse: “Se gli uomini non possono andare a Betlemme, noi faremo in modo che Betlemme sia qui, dove viviamo e lavoriamo. Ecco come nacque il presepe.
Suor Noncera: Anche noi abbiamo in paese pecore e mucche, conigli e caprette.
Il Pastore: Certo! Io sono Lino, uno degli ultimi pastori rimasti in Tremezzina. Passo la mia giornata a dar da mangiare alle mucche e alle capre. Taglio l’erba d’estate, faccio la potatura delle piante in inverno. Porto gli animali ai monti in primavera e li riporto in paese in autunno. Quante volte andando a scuola passate davanti alle mie stalle: una è appena sopra l’oratorio, l’altra è prima della rotonda della scuola. Fermatevi un giorno a salutarmi e a fare una carezza agli animali, come faceva San Francesco.
Suor Noncera: Certamente, lo farò anch’io. Ma prima devo imparare bene la canzone che non c’era, la canzone di Francesco a Greccio “Portate, portate pecore e vitelli, capre e galline e uno grande amore. E tutto fate per nostro Signore”.
3 – San Francesco, Giuseppe e Maria
Narrazione
Ormai c’erano già tante persone prese dalla voglia di fare quella cosa che San Francesco chiamava “presepe” e che nessuno aveva mai visto. Gli occhi vivissimi di Francesco scrutavano la popolazione alla ricerca di due persone disposte a fare non una parte qualsiasi, ma una parte importantissima. Occorrevano un uomo giovane e una donna giovane e anche un asinello. La coppia doveva rappresentare Giuseppe e Maria. Ci volevano un uomo generoso e una ragazza con l’anima bella. “Frate leone – disse San Francesco – sai tu che cosa vedo nello specchio d’acqua?” “La luna nascente”, rispose frate Leone. “No, vedo il viso di Chiara puro e splendente, come di chi vive nella perfetta letizia del Signore”. San Francesco avrebbe desiderato che Chiara, alla quale voleva molto bene, facesse Maria. E lui avrebbe potuto fare Giuseppe. Ma la sua umiltà gli proibiva di pensare a sé stesso. Così scelse altri, una coppia di bravi e simpatici ragazzi.
Dialogo
Suor Noncera: Chiara non c’era perché abitava ad Assisi ed era molto lontana. Non c’era, ma sarebbe stato bello per Francesco averla accanto. Vero Suor Paziente? Purtroppo non c’era. Non c’era.
Suor Paziente: suor Noncera, non preoccuparti se non c’era. Si vede che iddio la voleva altrove, con i suoi occhi luminosi e la sua voce dolce. A fare il bene comunque. Ad ognuno di noi il Signore chiede di fare una cosa e quello che chiede a te, solo tu puoi farlo.
Suor Noncera: mi piace. Gesù chiede una cosa nuova che prima non c’era.
Boscaiolo: Conosco le nostre montagne, io che faccio il boscaiolo. A Lenno e a Ossuccio siamo abituati a guardare in alto e a vedere il Santuario della Madonna del Soccorso. Almeno due volte all’anno bisogna andare. Quella chiesa, la strada per salire e le cappelle alcuni secoli fa non c’erano. Solo bosco! Poi l’ingegno umano le progettò e furono costruite. Quando noi andiamo, appena entrati dalla porta che c’è sul piazzale troviamo un quadro grandissimo di San Giuseppe a destra e un affresco di Maria santissima di fronte. Ogni volta Maria e Giuseppe ci guardano con amore come hanno fatto a Betlemme con Gesù, e ci insegnano l’amore per Gesù. Quest’anno a Natale porteremo alla Messa le statuette dei nostri Gesù bambini che vogliamo mettere nel presepe, così don Italo li benedirà.
Suor Noncera: ma questa benedizione gli altri anni non c’era. …Oh, scusate, Che bello che c’è.
4 – San Francesco e il ponte
Narrazione
Rivotorto si trova a pochi chilometri da Assisi. A Francesco piaceva andarci, perché a Rivotorto c’era un lebbrosario, cioè delle capanne per i malati di lebbra ai quali Francesco voleva molto bene. E c’era un ruscello tutto pieno di curve, tanto che veniva chiamato Rivo torto. Tutte le volte Francesco attraversava il ruscello sul ponte, cantando pieno di gioia. I ponti sono come le mani che si stringono per fare la pace: uniscono due sponde separate. Anche a Greccio c’era un ponte, sotto il paesello, dove la valle si stringe e diventa più facile attraversare il fiume. Per fare il presepe il ponte fu addobbato di rami sempreverdi e di bacche rosse. E Francesco volle scrivere su un tronco la benedizione che amava dare a tutti i suoi fratelli e a tutte le sue sorelle: Il Signore ti benedica e ti custodisca, mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Rivolga verso di te il suo sguardo e ti dia pace.
Dialogo
Suor Noncera: che bello, che bello, Francesco desiderava benedire tutti, chi c’era e chi non c’era. Perché anche chi non c’era era importante per lui.
Suor Paziente: suor Noncera, oggi hai detto una cosa molto saggia. Il Natale ci fa pensare a chi manca, a chi non c’è e a chi è lontano. Il Natale ci invita a non dimenticare nessuno e a portare nel cuore il ricordo di chi soffre, di chi è solo, di chi è disperato per la guerra dove vive.
Muratore: Salendo nella parte alta dei nostri paesi, possiamo vedere il fiume Perlana che nasce al Galbiga e scende fino al lago separando in due Lenno e Ossuccio. Ma per attraversare il torrente è stato costruito un ponte, il ponte più bello e più antico che abbiamo. È di pietra. Io che sono un muratore vi assicuro che è costruito bene. Mi piace fermarmi sul ponte e guardare. Su quel ponte sono passate tante persone. C’è il ricordo di tanti passi e di tante parole. Ci sono stati scambi commerciali, e anche qualche bacio di fidanzati. È molto bello baciarsi su un ponte. Il mondo ha bisogno di ponti di pace e di baci di pace. Quando lo attraversiamo diciamo una preghiera di benedizione per i nostri paesi perché vivano in pace.
Suor Noncera: ecco, me la ricordo finalmente la canzone di san Francesco a Greccio: “Venite, venite, come li pastori a Betlemme. “Portate, portate pecore e vitelli, capre e galline e uno grande amore. E tutto fate per nostro Signore”. “Se poi un fratello da lontano viene, quando lo vedete dite: pace e bene”.
5 – San Francesco e il lavatoio
Narrazione
Gubbio è un paese molto bello, con botteghe e osterie tra le migliori che ci siano. Poi chiese e castelli. E quella splendida via in pietra che tutto il paese attraversa dal basso fin su in alto, che a percorrerla tutta in fretta ti fa pure mancare il respiro. Poco oltre la piazza, dietro il palazzo coi merletti c’era un lavatoio con acqua corrente. La gente andava a quella fonte a prendere l’acqua per la casa e riempiva le brocche. Le donne lavavano i panni e li risciacquavano per ore e ore. Nel frattempo raccontavano le notizie del giorno, i segreti e le dicerie del paese. Per tanti giorni avevano parlato con timore del lupo che di sera scendeva dai boschi e terrorizzava il paese uccidendo pecore e agnelli.
San Francesco una sera gli andò incontro a rischio della vita e, come sapeva fare lui, si avvicinò col cuore in pace e lo chiamò fratello. “Frate lupo, tu hai fatto grandi malefici, uccidendo le creature di Dio e anche gli uomini. Ma io voglio, frate lupo, fare pace con te. Il paese ti perdonerà e tu non farai più del male. Ti daranno cibo finché vivrai, ma tu mi prometti che mai più del male farai”. Il lupo promise battendo la sua coda sul fianco. E le donne al lavatoio ne parlarono per mesi!
Dialogo
Suor Noncera: quand’ero bambina ricordo la nonna che ci raccontava di quando lre in casa non c’era e neppure i rubinetti in casa con l’acqua corrente La nonna ricordava come allora si trovava il tempo per parlarsi e non erano tutti di fretta. La fetta non c’era.
Suor Paziente: suor Noncera, la fretta purtroppo ci rovina. I lavatoi che abbiamo ancora nei nostri paesi, sempre meno usati, ci ricordano il bisogno che abbiamo di dialogo. Poi, che bello prendere un po’ di acqua fresca dal rubinetto per offrirla a chi ha sete.
Vecchierella: Suor Noncera ha detto una cosa importante: nei nostri paesi abbiamo ancora i lavatoi. A Ossuccio, a Lenno. Addirittura a Masnate ne abbiano due a poca distanza. Sto pensando a quello che si trova 30 metri sopra la chiesa, col tettuccio nuovo, elegante. L’acqua scorre pulita. Ci invita a cercare e amare tutto ciò che è pulito: il corpo, i vestiti, la casa. E perfino la nostra anima. Pulito è il cielo quando soffia il vento, o le montagne dopo la pioggia. Ma sporco è il cielo delle nazioni in guerra.
Suor Noncera: Vi prego, nonnina, non intristitevi. Sta per giungere Natale! Nel cuore nasce la speranza. Verrà un mondo migliore, un mondo di pace. Perché questo avvenga dobbiamo solo imparare a vivere come Gesù.
6 – San Francesco e il ruscello
Narrazione
A Greccio ormai tutto era pronto, anche se mancavano ancora 4 giorni a Natale. “Tu dove abiti?” gli chiedevano i bambini sbalorditi quando Francesco diceva di non avere case né denari. Francesco infatti chiedeva chiedeva ogni giorno l’elemosina e se nessuno gli dava qualche moneta o un pezzo di pane passava anche giorni interi senza mangiare. Ad Assisi un giorno il Vescovo Guido che gli era molto amico l’aveva chiamato per dirgli: “Francesco la tua vita è troppo dura ed aspra”. Ma Francesco rispose subito: Se avessimo case e tesori, sarebbero necessarie armi per difenderle, ma noi preferiamo vivere liberi come i ruscelli, che scorrono giorno per giorno, liberi e felici. Vedete, mio buon vescovo, come sono belli i ruscelli? Non si stancano mai e sempre cantano con voce allegra.
Dialogo
Suor Noncera: più sento parlare di San Francesco e più il mio cuore è felice. Questa felicità in me prima non c’era, neppure quando avevo vestiti belli e scarpe lucide. Questa felicità è nuova. Vorrei condividerla con tutti voi.
Suor Paziente: suor Noncera, forse anche noi potremmo essere come ruscelli, che vivono dell’acqua della sorgente, che sanno dove andare ma non hanno fretta, che cantano sempre giorno e notte e si fanno belli coi riflessi del sole. Ma, sapete, oggi sono poche le persone libere, perché abbiamo troppe cose.
Suor Noncera: Allora a Natale è meglio donare le cose che abbiamo, al posto che desiderare di averne ancor di più.
La postina: sono la postina e tutti i gironi vedo il ruscello di Lenno, bello col suo alveo rifinito con le pietre. Scende da Masnate per l’ultimo tratto, passa accanto alla posta e poi si gettai nel lago. Si chiama Val Grande oggi, mentre nei tempi antichi era chiamato Flumen de Len. Bisogna camminarci a fianco per vedere quanto è bello e simpatico. E fare tappa a metà strada, al Saleno. Lì ci fermiamo in silenzio e lo ascoltiamo: fratello ruscello, ricorda a tutti che siamo nati per vivere liberi e veri, liberi e amorevoli, liberi e felici.
7 – San Francesco e le allodole
Narrazione
Quando Francesco tornò dalla terra Santa sbarcò in un’isoletta della laguna di Venezia, dove non c’erano case, ma solo pioppi e uccelli. Questi facevano una grande orchestra, tanto che il Santo non riusciva a cantare i salmi della sua preghiera. Allora chiese loro di tacere per un po’ e sull’isola ci fu silenzio. Francesco amava tutti gli animali, ma le sue predilette erano le allodole, che sul capo hanno un cappuccio di penne un poco più scure che le rende somiglianti ai frati. Con loro parlava e pregava. E desiderava una legge per tutti i signori dei castelli, che li obbligasse a mandare uomini nei giorni di Natale a spargere frumento e granaglie per le vie affinché le sorelle allodole e gli altri uccelli trovassero da mangiare in una festa così importante.
Dialogo
Suor Noncera: bella idea, ma questa legge non c’era. E neppure la legge che obbliga a proteggere gli uccelli quando volano e quando sono sui rami. Non c’era e non c’è. E neanche una legge che eviti l’inquinamento dei laghi e del mare che fa male ai pesci, li fa ammalare e li uccide.
Suor Paziente: suor Noncera, le leggi non basteranno a fare un mondo migliore. Ci sarà sempre qualcuno che disubbidirà, sperando di non essere visto e perfino qualcuno che farà una legge contraria. Pensa che non siamo capaci neppure di accogliere i migranti che fuggono dalla povertà e dalle guerre: essi sono uomini e donne nostri fratelli e nostre sorelle. Quanta strada dobbiamo fare.
Suor Noncera: in questo Natale una cosa che non c’era ci sarà: l’amore di noi che facciamo la Novena con San Francesco. Sarà un buon Natale se ognuno di noi darà un po’ di cibo agli uccellini e un po’ di amore ai vicini.
Gelataio: sul lungolago di Lenno si radunano tanti uccelli: anatre, cigni, aironi, … e altri sugli alberi; e sotto di loro i tanti pesci: lucci, trote, carpe, tinche, lavarelli, persici, cavedani, agoni e qualche alborella. Sullo scivolo per le barche, in piazza a Lenno ci sono tutte queste creature. Nel grande Presepe che sono i nostri paesi non mancano animali di ogni tipo. Con la loro presenza dicono: Laudato sii, mi’ Signore per tutte le tue creature.
8 – San Francesco e la panchina rossa
Narrazione
Per fare Natale nel piccolo paese di Greccio servivano ancora due cose importanti: un Vangelo da leggere nella notte per annunciare la nascita del Salvatore e un amore grande nel cuore. Per il vangelo inviò frate Rufino a chiederne uno nei monasteri della valle. Per l’amore cominciò a pregare intensamente. E chiedeva, chiedeva a Gesù di poter provare nel suo corpo lo stesso amore e lo stesso dolore che egli provò facendosi uomo e morendo poi in croce. Il Signore lo esaudì qualche anno dopo all’alba del 14 settembre, quando gli donò le stigmate: sulle mani di Francesco, sui suoi piedi e sul suo petto apparvero le stesse ferite di Gesù sulla croce. Il vero cristiano condivide i dolori di Gesù e di tutti i suoi fratelli e le sue sorelle.
Dialogo
Suor Noncera: sentite, sentite non solo con le orecchie ma con tutto l’amore del cuore. Quante donne anche quest’anno sono state maltrattate in tutti i paesi del mondo e anche in Italia. E sapete da chi? Da uomini che dicevano di voler loro bene. Invece nel cuore di questi uomini l’amore non c’era. C’era solo l’egoismo.
Suor Paziente: suor Noncera, tu hai un cuore molto sensibile e come Francesco soffri per la sofferenza degli altri. L’amore non lo si può comprare, non lo si può rubare, non lo si può pretendere. Impariamo tutti a non insultare, a non essere gelosi, a non dare spinte, né schiaffi. Mai. Ogni persona va rispettata. Quest’anno a Natale diremo: qual è il dono più bello da scambiarci? E risponderemo: il rispetto per le persone.
Due fidanzati con una lanterna: sulla strada che va dalla piazza di Lenno verso il lido è stata posizionata una panchina. È speciale, soprattutto nel colore. È rossa, come il sangue e come l’amore. È lì per ricordarci le tante violenze sulle donne. Fa parte del nostro presepe. Passando ci sembrerà di vedere Gesù che si siede e parla: amatevi come io vi ho amato. E guarderà gli sposi, i fidanzati, le coppie innamorate, suggerendo: l’amore vostro sia come la mia nascita, ricco di umiltà, di tenerezza e di pace in terra agli uomini di buona volontà.
9 – San Francesco e il bosco
Narrazione
Il vero convento di San Francesco era il bosco. Non volle mai che si costruissero case. Molte volte stava vicino ai laghi e nei boschi. Sì’, i boschi erano per lui come un abbraccio, come una casa. E stava ben attento a non calpestare nulla, neppure una formica nel suo cammino. Nel bosco sentiva l’aria fresca, il profumo dei pini, trovava le ghiande e le fragole da mangiare per le quali ringraziava sempre il Signore. A volte cantava, inventandosi le canzoni, a volte piangeva pensando all’amore del Signore e alla cattiveria degli uomini, a volte si lasciava rapire dallo Spirito di Dio e il suo cuore diventava lieto come quello di un bambino. Per questo il Natale che stava preparando a Greccio gli pareva ancor più bello, perché tutti arrivavano dalle loro stalle e dai loro ovili attraversando il bosco. Il cielo stellato brillava sopra il paese. Ormai mancava poco a mezzanotte. Tutto era pronto: “Vieni, Gesù, vieni in mezzo a noi. La terra assetata di amore ti attende. Vieni, Signore Gesù.
Dialogo
Suor Noncera: mi sento agitata. Abbiamo pensato per tante sere a Francesco e al suo presepe che inventò ottocento anni fa e io mi sento ancora impreparata al mio Natale. Tutta questa agitazione non c’era qualche giorno fa. Ora mi prende nel petto e nei pensieri. Mi domando che cosa possa trovare in me Gesù in questo Natale.
Suor Paziente: suor Noncera, anch’io mi domando che cosa possa trovare Gesù nel mio cuore in questo Natale. Forse è la domanda più giusta. Se troverà voglia di bene la accoglierà. Se troverà un peccato lo perdonerà. Se troverà un pizzico di gioia egli la farà crescere finché diventerà gioia piena, perfetta letizia.
Suor Noncera: certo e se troverà due suore un po’ grassottelle non pensi che ci metterà a digiuno? O forse no. Questa cosa nel Vangelo non c’era. Nel Vangelo sta scritto: venne tra i suoi, ma i suoi non l’hanno accolto. Ma a chi lo accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio! Evviva, noi lo accogliamo, proprio in questa sera. Buon Natale! Anche a te, fraticello che sei venuto a fare festa con noi. .
Fraticello: Grazie, mie care sorelle francescane. Sono venuto a parlarvi di un bosco, vicino alle vostre case: il bosco del Lavedo. Molti turisti lo attraversano per andare alla Villa del Balbianello. Ma noi possiamo fare molto di più, possiamo vivere il segreto di San Francesco nel bosco: cercare la gioia del cuore. Guardate il più piccolo filo d’erba e dite: Signore è tuo! Osservate una foglia caduta in autunno e dite: è tua Signore. Ascoltate il canto di un uccellino e dite: è tua, o Signore, questa lode.
Gesù è venuto sulla Terra non per fare il prepotente, ma per farci partecipi della sua vita. È Gesù il vero dono del Natale! Per questo diciamo al Signore: anche noi siamo tuoi, Signore, e tu sei il nostro Dio. Buon Natale 2023, amici! Buon Natale, bambini, buon Natale famiglie!